Papa Francesco: l’ultimo pontefice?

Papa Francesco: l’ultimo pontefice?

Papa Francesco: l’ultimo pontefice? 3109 2238 studiopalmieri

Il papa venuto dalla “fine del mondo”.

Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate queste, la città dai sette colli sarà distrutta ed il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Fine.

Questa la “sentenza” di san Malachia che, secondo i più superstiziosi, assegnerebbe al neo eletto Jorge Mario Bergoglio il triste compito di guidare la Chiesa Cattolica verso la sua inevitabile conclusione. E se Bergoglio non si chiama Pietro, né tantomeno è romano, a nessuno può essere sfuggito il continuo riferimento fatto dal nuovo Papa alla città di Roma, alla centralità dell’Urbe nella vita della Chiesa e al suo dovere, prima che come Pontefice, come pastore del popolo Romano, un popolo da evangelizzare allo stesso modo del suo primo vescovo Pietro.

Su Internet sono ormai decine le “illuminazioni” di chi riconosce l’esattezza anche dei “Vaticinia” di Nostradamus, la cui ultima immagine rappresentava la fuga da una città fortificata di un alto prelato di pelle nera, assieme al suo seguito, coincidente col massacro di sacerdoti di molte razze. Ebbene, se questo doveva essere il “papa nero”, nessuno può dirsi deluso: in effetti bastava leggere la profezia in maniera non letterale, ed ecco che Papa Francesco è “nero” in quanto gesuita. Un Papa che, tra l’altro, ha richiamato il suo arrivo a Roma come proveniente dalla “fine del mondo” (forse una terrificante anticipazione sia di Nostradamus che di Malachia?).

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Migliaia di smartphone e tablet in piazza San Pietro durante l’elezione di papa Francesco.

L’ultimo pontefice?

Tuttavia, noi siamo occidentali, e così come, progrediti e avanguardisti, ci eravamo bevuti di sana pianta le teorie sul calendario Maya e la fine dei giorni nello scorso dicembre, così siamo stati facili pronosticatori sul nuovo pontefice, ed abbiamo puntato tutto su Tarcisio “Pietro” Bertone (nato a “Romano” Canavese, in piemonte), sul papa nero (ma anche giallo o olivastro ci andava bene), sul pastore giovane in grado, come Pietro, di rifondare nel tempo e nello spazio la nuova Chiesa, o su alcuni altri nomi che, come spesso accade, entrano papi in conclave ed escono cardinali.

Eppure la Chiesa più volte ci ha dimostrato che rappresentare il volere di Cristo non significa ragionare in maniera europea o americana, avanguardista o conservatrice. Basterebbe ragionare semplicemente con la fede. Così, dalle tende della loggia, ecco uscire la sorpresa che nessuno si aspettava: l’uomo vestito di bianco non è nero e non è giovane, non si chiama Pietro né tantomeno è Romano. Il nuovo Papa si presenta invece nel più semplice dei modi e col più umile dei nomi: Francesco. È il nome del Santo dei Santi, dell’uomo più amato da chi vive la fede con semplicità, del poverello d’Assisi che, senza aiuti dall’alto (ma solo dall’Altissimo) ha rivoluzionato il modo di vivere la fede in Cristo, stando in mezzo agli ultimi e non nei palazzi del potere, dedicando la propria vita al benessere dell’anima piuttosto che a quello del corpo.

La “buona profezia”.

Se il nostro intento è quello di vivere nella speranza di un mondo migliore, e quindi anche di una Chiesa migliore, è dunque nostro dovere essere ottimisti sul futuro della religione di Cristo, e non lasciarsi fuorviare da inutili catastrofismi. D’altronde la vecchia, dispotica e arretrata Chiesa Cattolica ha già mostrato al mondo intero che in sole 24 ore si può eleggere il rappresentante di miliardi di fedeli, mentre dalle nostre parti (e siamo molti di meno) ancora aspettiamo che i “nostri” rappresentanti si mettano d’accordo. Così come ci ha dimostrato che un uomo, regolarmente eletto, il cui mandato potrebbe essere interrotto solo dalla morte, può decidere umilmente e liberamente di “farsi da parte” e cedere il seggio: quando questo evento avrà luogo nella nostra politica, allora sì che bisognerà temere la fine del mondo.

E che dire della più grande innovazione (guarda caso, la meno analizzata) che il nuovo pontefice ha prodotto nella sua prima apparizione? In diretta mondiale, con gli occhi e le orecchie del pianeta puntati su di Lui, il vicario di Cristo ha “imposto” a tutti i presenti, fisici e virtuali, tramite le “nuove tecnologie di comunicazione”, la Sua benedizione e l’immediato perdono di tutti i peccati commessi. Come dire: «non ti chiedo di pregare per ore, di fare lunghe processioni, di andare in pellegrinaggio in questo o quel santuario lontano per ottenere l’indulgenza: ovunque tu sia, in qualunque cosa tu creda e chiunque tu sia, io chiedo per te il perdono per tutti i tuoi peccati… che tu lo voglia o no!». Un gesto che sembra ispirato direttamente dalle parole di Gesù risorto al momento della sua apparizione ai discepoli, narrata dall’evangelista Giovanni:

Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi

In un colpo solo, Francesco li ha rimessi tutti.

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La prima benedizione di papa Francesco.

Ma noi siamo testardi, e nonostante tutto vogliamo ancora credere in buona fede alla bontà delle profezie citate. Allora Francesco potrebbe certo essere quel Romano pontefice che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni, quel papa gesuita (e quindi “nero”) che riformerà la Chiesa partendo, come aveva fatto Pietro, proprio da Roma, distruggendo le fondamenta stesse su cui si regge la città apostolica, e nel far questo potrebbe farsi carico della morte (spirituale, non fisica) di molti suoi prelati e consegnare le loro colpe alla giustizia terrena piuttosto che proteggerli impunemente.

E così come la profezia dei Maya non rappresentava una fine, ma un nuovo inizio, Francesco, causando la morte della vecchia Chiesa, potrebbe dar vita ad un nuovo percorso di fede, in cui dar prova che le ricchezze dell’anima non sono direttamente proporzionali alle ricchezze materiali, che ladri e prostitute possono trovare nel regno di Dio più spazio di finanzieri e capitalisti, che le mille battaglie su cui il nostro mondo occidentale si affanna quotidianamente non hanno alcun valore rispetto alle lotte più concrete da combattere per chi ha fame e vive nella miseria, che i credenti di altre confessioni non sono nemici da aggredire ma confidenti con cui riflettere. In modo tale che, quando “il tremendo giudice giudicherà il suo popolo” potrà compiacersi del buon lavoro svolto dal suo rappresentante in terra.

Buon lavoro, Santità… anzi, buon lavoro Francesco!