4 maggio: l’ultimo volo del Grande Torino

4 maggio: l’ultimo volo del Grande Torino

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Il “grande” Torino: una squadra indistruttibile.

4 maggio 1949, ore 9:40, aeroporto di Lisbona. Il trimotore Fiat G 212 decolla e si dirige verso Torino per riportare a casa l’Associazione Calcio Torino, reduce da una gara amichevole giocatasi nella capitale portoghese contro il Benfica. In quegli anni, in cui il calcio è una delle tante attività che favoriscono la ricostruzione fisica e morale sulle macerie della seconda guerra mondiale, il Torino è il dominatore assoluto della scena calcistica italiana.

Grande Torino 1948-49

Il “grande” Torino della stagione 1948-49

Sembra che l’effetto di un tessuto impregnato di sangue rappreso sia stato alla base della scelta del colore granata per la società torinese. Una società che sta vivendo un periodo caratterizzato da continui successi e dalla voglia di raggiungere al più presto, nell’albo dei titoli, i rivali regionali della Pro Vercelli (ormai in serie C) ma soprattutto i nemici cittadini della Juventus. La situazione storica del campionato italiano, in quella primavera del 1949, vede in cima alla classifica degli scudetti vinti il Genoa e la Juventus (9 titoli), seguite dalla Pro Vercelli (7) ormai in decadenza e dal Bologna (6). Il Torino e l’Inter possiedono 5 scudetti, ma la formazione granata è pronta a raggiungere i bolognesi, grazie all’ennesima cavalcata trionfale che i giocatori stanno operando.

Prima di partire per il Portogallo, la gara Inter-Torino con risultato finale di 0-0 conferma i 4 punti di distacco dall’Inter e avvicina il Torino alla vittoria del suo quarto campionato consecutivo.

Il volo, dopo uno scalo a Barcellona, si avvia verso Torino, e alle 16:55 inizia le manovre di atterraggio. Le condizioni atmosferiche non sono felici. Oltre alla pioggia e alle forte raffiche di vento, una coltre fittissima di nubi si abbassa sulla città rendendo la visibilità molto precaria.

Il Torino di quegli anni è una corazzata quasi indistruttibile. Non a caso, Vittorio Pozzo, l’allenatore più vincente nella storia del calcio (l’unico a conquistare due titoli mondiali), prima del ritiro nel 1948, aveva innestato nella nazionale italiana un buon numero di calciatori granata, in preparazione dei campionati del mondo in programma nel 1950 in Brasile. Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Eusebio Castigliano, Guglielmo Gabetto, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Valentino Mazzola, Mario Rigamonti, sono solo alcuni dei grandi nomi che impauriscono le compagini avversarie: dovunque vadano, i giocatori granata sono per tutti il “Grande Torino”.

Il tragico atterraggio.

Oltre ai collaboratori tecnici e ai dirigenti, anche la stampa segue gli eventi internazionali della squadra. Sono presenti sul volo Renato Casalbore (fondatore e direttore di Tuttosport), Renato Tosatti (La Gazzetta del Popolo) e Luigi Cavallero (La Stampa). Alle ore 17:03 il velivolo riesce a trovare un varco nella nebbia e si prepara ad atterrare. Ma qualcosa non funziona: forse l’altimetro guasto o una folata di vento improvvisa. I piloti sono sicuri di avere alla propria destra la collina di Superga. Al contrario, ci si stanno dirigendo contro. La velocità è di 180 km/h, la visibilità di soli 40 metri. Nemmeno il tempo di accorgersene e l’aereo si schianta contro il terrapieno posteriore della Basilica di Superga. L’impatto è violento e inesorabile. Le 31 persone a bordo muoiono all’istante.

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La prima pagina della “Gazzetta dello Sport” il giorno successivo alla tragedia

Vittorio Pozzo, abbandonata la carriera di allenatore (oltre alla nazionale, aveva allenato per dieci anni proprio il Torino, ai tempi del primo conflitto mondiale), aveva intrapreso l’attività giornalistica. Era prevista la sua presenza anche durante la trasferta di Lisbona, ma il suo posto venne assegnato al collega Cavallero. Questo caso fortuito, che gli salvò la vita, lo mise però di fronte al triste compito di riconoscere ed aiutare a ricomporre i corpi mutilati dei suoi amici e di molti suoi allievi.

Gli altri club italiani si accordarono “a tavolino” decretando la vittoria del Torino e le quattro gare rimaste furono giocate dai ragazzi delle giovanili. La nazionale italiana giocò per un anno intero con il lutto al braccio, e l’anno seguente, per i mondiali brasiliani, i giocatori si rifiutarono di raggiungere il Brasile in volo, preferendo una lunga e stancate traversata navale.

Italia-Austria_3-1,_Firenze,_22_maggio_1949

La Nazionale Italiana con il lutto al braccio nella gara contro l’Austria del 22 maggio 1949